venerdì 14 agosto 2009

Anche un vino può essere una scoperta archeologica

L'Italia dei vini non smette mai di stupirci!
Il settore è costantemente in fermento, ma chi avrebbe mai pensato che enologia e archeologia potessero avere qualcosa in comune?

Certo gli antichi romani ben conoscevano le tecniche di vinificazione e, oltre ad essere delle buone forchette, sicuramente erano anche dei "buoni bicchieri".
In fondo, in vino veritas è una loro affermazione, la cui "veritas" è certamente incontestabile. Ma da qui a poter pensare che un vitigno potesse avere qualcosa a che fare con l'archeologia ce ne corre. Eppure…
Ma cominciamo dall'inizio.
C'era una volta… in un quadrilatero in provincia di Caserta che racchiude i Comuni di Castel di Sasso, Formicola, Liberi e Pontelatone, una fiorente produzione di vini di grande prestigio.
Di questa vocazione vinicola della zona, ne parla persino Plinio nel capitolo XV del suo "Nathuralis Historia", quando cita l'alta qualità del vino prodotto a Trebula Baliniensis, attuale Treglia di Pontelatone.
Tra i vini di pregio prodotti nell'area all'epoca di Nerone, Plinio inseriva il Caulinum ed il Trebellicum, nettari per il palato, oggi spariti.
Del resto, pochi sanno che nella sola Campania sono presenti vitigni autoctoni di alta qualità in quantità superiore a quelli dell'intera Francia.
Ritornando alla nostra storia, è indispensabile ricordare che nel 1852 ci fu per le viti una grave epidemia di oidio (malattia crittogamica) che portò alla totale estinzione di numerosi vitigni pregiati presenti in Campania. Ma, forse proprio perché i romani amavano il vino al punto tale da lasciare impregnate di questo amore atavico anche le loro costruzioni, un ceppo centenario di una particolare vite riuscì a sopravvivere all'interno di un vecchio rudere di origine romana nel Comune di Pontelatone.
Da questo ceppo, i coltivatori dei quattro Comuni dell'area, riuscirono a ricavarne i vigneti oggi presenti nella zona, battezzando questi vitigni con il nome di Casavecchia, per ricordare la provenienza del loro ceppo originario, l'antica costruzione romana ("l'uva 'e chella casa vecchia").
Fino a poco tempo fa il vitigno Casavecchia non si poteva utilizzare per la produzione del vino in quanto non inserito nel catalogo nazionale della varietà tenuto dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali. Grazie, però, ad una ricerca scientifica iniziata nel 1995, finanziata dai Comuni di Pontelatone, Castel di Sasso, Liberi e Formicola, il Casavecchia è riuscito ad ottenere l'iscrizione nel catalogo con un decreto pubblicato nel supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale del 17 luglio 2002.
Il Casavecchia è un vino squisito, - per ora I.G.T. (Indicazione Geografica Tipica) in attesa del riconoscimento DOC, - dal bouquet ampio, floreale, fruttato, con sentori di frutti di bosco e di prugna secca, che sposa molto bene i sapori delle carni rosse o quelli della cacciagione e dei formaggi stagionati.
Và sottolineato che il vitigno Casavecchia è presente solo nei Comuni di Pontelatone, Liberi, Castel di Sasso e Formicola e non è coltivabile altrove, poiché, trattandosi di un vitigno rigido, coltivandolo fuori da quest'area, perderebbe le sue caratteristiche peculiari.
Ciò non avviene per i cosiddetti vitigni internazionali, tipo i Cabernet, i Merlot, che attecchiscono ovunque e consentono delle ottime produzioni vinicole anche in terre lontanissime dall'Italia, come il Cile, il Venezuela.
Proprio questa internazionalità dei gusti dei vini più conosciuti sta portando il consumatore a ricercare prodotti nuovi, con gusti meno scontati e meno appiattiti. Da qui, il particolare successo dei vini campani, sempre più richiesti dai buongustai di tutto il mondo proprio per la loro diversificazione del gusto e le loro peculiarità ispirate alle antiche tradizioni produttive.
La produzione del Casavecchia non è da grandi numeri, per cui il consumo è riservato alla sola zona di origine: i vigneti producono in totale appena 2.000 quintali di uva da vino.
Da qui il grande pregio di questo vino delle Terre del Volturno.
Se volete assaggiare questa delizia, dovrete per forza recarvi nella zona del casertano.
Ma ne vale la pena! Prosit.