giovedì 20 agosto 2009

La Minestra Maritata

Viene detta anche “pignato grasso” o “menesta cu' nu parmo e grascia” ed è una lontana parente della spagnola "olla podrida".
E' un piatto popolare, elaborato con ingredienti poveri, ma trasformato con raffinata sapienza.

Zuppa tradizionale ed antica del territorio campano, che ogni paese della regione interpreta a suo modo, rivendicandone la paternità.
E’ un piatto ricco e sostanzioso, in cui in cui carne e verdure si “maritano”. Da qui, la denominazione “maritata”, che deriva proprio dal “matrimonio” tra i due ingredienti: verdure a foglia e carni. Anticamente veniva cotta in una pignatta sul fuoco del camino.
Nell’Isola d’Ischia viene tradizionalmente preparata per il giorno di Santo Stefano, ma nell’area napoletana e casertana trova una sua collocazione anche nel pranzo pasquale.
La ricetta della minestra maritata, col passare del tempo, ha subito delle variazioni, ove alcuni ingredienti sono stati eliminati o modificati perché sempre più rari da reperire in commercio.Ma tuttavia, durante le festività tradizionali, nei mercatini rionali di Napoli, ancora vi è la possibilità di poter acquistare le verdure tipiche per prepararla: cicoria, piccole scarole (scarulelle), verza e borragine, che ne conferisce, quest’ultima, una nota amarognola. In qualche variante si usa anche la catalogna.
La carne è tipicamente di maiale, con tracchie (puntine di suino), salsicce e altri tagli.
Nella tradizione più antica, al posto del pane tostato, venivano usati gli scagliuozzi, tipiche frittelle di farina di mais fritte dalla forma triangolare, che venivano adagiate sul fondo del piatto.Come tutte le ricette tradizionali, anche questo piatto possiede delle varianti, quella cinquecentesca del Marchese G.B. Del Tufo prevede, la mescolanza, di salsicce di vario tipo, sopressate, pancetta, prosciutto, muso di vitello, piede di porco, carne secca, un orecchio di maiale salato, formaggio, finocchi ed anice. Mentre, in un altra ricetta del 1600, si utilizza “un pezzo di carne di giovenca grassa, un cappone imbottito, una gallina paesana, un salsiccione, una fetta della parte genitale della scrofa, 4 capi di salsicce cervellate, un pezzo di cacio nostrano, ossa mastre, spezie e foglie scelte nelle più tenere cime.

Contenuti e foto da: http://guide.supereva.it/mangiar_bene/interventi/2009/05/14648.shtml



LA MINESTRA MARITATA SECONDO NINO CALIENDO

Ingredienti per 4 persone

Verdure: 300 gr. di broccoli di foglia puliti - 200 gr. di cime di rapa pulite - 600 gr. di cicoria e scarola pulite - 400 gr. di verza pulita - erbe aromatiche a piacere.

Carni: 1 osso di prosciutto a piacere - 200 gr. di cotiche e altri tipi di carni salate - 400 gr. di annoglie (particolare salsiccia napoletana) - 200 gr. di tracchiolelle (puntine di costata di maiale) - 300 gr. di maiale fresco - 3 salsicce di maiale fresche - 100 gr. di lardo in pezzi o macinato - 100 gr. di testa di caciocavallo secco - rimasugli dal frigo di salumi e formaggi - 1 pezzetto di peperoncino forte - sale q.b.


Esecuzione

Lavare le varie qualità di carni e di salumi, porle in una pentola, ricoprirle di acqua e metterle a cuocere a fuoco moderato, cambiando con acqua pulita, per almeno tre volte, l’acqua della bollitura.

Dopo circa tre ore e mezzo, la carne sarà cotta: tirarla su asciutta, tagliarla a pezzetti ognuno di 3 o 4 cm, spolpare l'osso di prosciutto unendo i pezzettini di carne ricavati con i pezzi dei salumi e delle cotiche in una casseruola con l'aggiunta di un mestolo o due di brodo di cottura, coprire e mettere da parte aggiungendo sale solo se necessario.

Lasciare un po' raffreddare il brodo, poi, passando un cucchiaio sulla sua superficie, privarlo di quasi tutto il grasso che nel frattempo sarà venuto a galla e rimettere la pentola sul fuoco.

Immergere tutte le verdure, ben lavate, in acqua appena bollente con pochissimo sale, coprire il recipiente e, non appena riprende a bollire, toglierle dal fuoco e farle ben sgocciolare in un colabrodo, premendole col mestolo.

Completare la cottura delle verdure nel brodo bollente, insieme al formaggio a pezzetti e al peperoncino, a fuoco moderato per circa mezz'ora.

A fine cottura, se occorre, aggiustare di sale.

Riscaldare le carni nel loro brodo e mischiarle alle verdure. Lasciare riposare.

Piatto da servire caldo, ma non bollente, con crostini di pane o scagliuozzi (frittelle di polenta fritte in olio d'oliva), aggiungendo formaggio grattugiato.


domenica 16 agosto 2009

La Mozzarella di Bufala

La mozzarella di bufala è un prodotto caseario dell'Italia
Meridionale, prodotto tradizionalmente in Campania,
sopratutto nelle province di Salerno e Caserta, ma anche in alcune aree del napoletano e del beneventano.

La mozzarella di bufala campana, in seguito all'Unità d'Italia, è inoltre prodotta anche nel basso Lazio (storicamente territorio campano) e in alcuni comuni del foggiano, ossia quelli confinanti con la Regione Campania (Manfredonia e San Giovanni Rotondo).
Il termine “mozzarella” deriva dal verbo “mozzare” e descrive l'operazione, eseguita ancora oggi, di tagliare con le mani la pasta filata, stringendola tra il dito pollice e l'indice, detta appunto “mozzatura”.
È spesso definita “regina della cucina mediterranea”, ma anche “oro bianco” o “perla della tavola”, in ossequio alle pregiate qualità alimentari e gustative del prodotto.
Nell’antica Roma (ma non si sa nulla di certo sull’effettiva esistenza della prelibatezza a quell’epoca, per cui rimane solo una leggenda), veniva denominata “uovo di bufala”.
Il bufalo della mozzarella, Bubalus bubalis, è un bovino originario dell'Asia, di corporatura massiccia, di colore scuro e con pelo corto, abituato a vivere in zone paludose, nei cui fanghi suole rotolarsi per la salute della propria pelle e per difendersi dall'eccessiva irradiazione solare.
Le ipotesi più accreditate sulla nascita della mozzarella sono diverse, ma si collocano tutte nel Medioevo.
Secondo alcune affidabili fonti storiche, il fertile incontro delle genti campane con il bufalo e il suo prodotto principe, la mozzata, avvenne alle foci del fiume Garigliano. A parere di queste fonti, sarebbero stati i Saraceni a trasportare i bufali prima in Sicilia e, poi, nella paludosa piana del fiume Garigliano, quando vi si stabilirono con un vero e proprio Ribat, dal quale partivano per saccheggiare città e monasteri di mezza Italia, da Spoleto alle Puglie.
Il popolo germanico si sarebbe imbattuto nell'animale dopo avere sconfitto i Saraceni nella battaglia del Garigliano del 915 d.C. combattuta insieme ai Bizantini ed all'esercito di Papa Giovanni X, uniti nella Lega Cristiana.
I Longobardi, alla foce del fiume campano, oltre alle bufale, avrebbero raccolto anche i monaci che i Saraceni nel corso degli anni di permanenza avevano catturato e fatto loro schiavi.
Questi avrebbero, poi, tramandato ai confratelli quanto appreso dai Saraceni. La cosa spiegherebbe così la diffusione del formaggio nel basso Lazio, nelle zone nelle quali si trovavano numerosi Monasteri ed Abbazie.
Secondo altri, invece, fu importato dai Longobardi tra il VI secolo e il X secolo. In epoca medievale, esso era impiegato soprattutto per i duri lavori nei campi.
Le prime notizie storiche certe si hanno proprio in un documento longobardo.
Secondo queste fonti, già nell’XI secolo, la Principessa Aloara, vedova del Principe di Capua Pandolfo Testadiferro, distribuiva una "mozza" con un pezzo di pane ai monaci dell'Abbazia di San Lorenzo ad Septimum alle porte di Aversa, componenti del Capitolo ove ogni anno vi si recavano in processione.
Secondo altri, la mozzarella l'avrebbero inventata i monaci stessi. Mentre le bufale si trovavano nelle vallate acquitrinose, i conventi erano, invece, dislocati sulle alture. Per trasportare meno peso su per la montagna, il latte veniva lavorato con un procedimento veloce direttamente sui pascoli, concentrandolo in un latticino che poi veniva trasportato su in convento.
Secondo altri, invece, gli inventori della mozzarella sarebbero stati i Normanni, la cui contea/città era Aversa, dove tutt'oggi sono attivi numerosi caseifici, nei quali si produce e si vende la tipica Mozzarella Aversana.
Una curiosità: la mozzarella di bufala di Aversa è citata da Totò nel famoso film "Miseria e nobiltà".
Dell'uso, della lavorazione e del consumo dei prodotti derivati dal latte di bufala (il casicaballus, il butyrus, la recocta, il provaturo), abbiamo attestazioni in documenti risalenti al XII secolo, conservati presso l'Archivio Episcopale di Capua.
Il primo documento ufficiale che parla della mozzarella aversana è recente e risale agli inizi del XV secolo.
Dagli anni novanta, il riconoscimento della "DOP" (Denominazione di Origine Protetta) assicura i consumatori e specifica l'area geografica in cui essa viene prodotta.

Contenuti da:
http://it.wikipedia.org/wiki/Mozzarella_di_bufala_campana

Siti sull’argomento:
http://www.mozzarelladop.it/



Antipasti con Mozzarella di Bufala


INSALATA BIANCO-VERDE

Ingredienti per 6 persone: gr. 600 di fagiolini verdi - gr. 200 di Mozzarella di Bufala Campana - 3/4 di cucchiaio di pasta d'acciughe - 6 cucchiai d'olio - un cucchiaio d'aceto - sale q.b.

Mondate i fagiolini eliminandone le estremità e se necessario il "filo"; lavateli e fateli cuocere a vapore o in poca acqua salata, quindi scolateli e passateli sotto l'acqua fredda. A parte, tagliate la mozzarella a filetti piuttosto lunghi e sottili. Stemperate la pasta d'acciughe nell'olio, unite l'aceto e fate marinare in questa salsetta la mozzarella per un'ora circa. Riunite i fagiolini e la Mozzarella di Bufala con la sua salsetta, aggiungendo, se necessario, un poco d'olio e d'aceto. Mescolate, lasciate riposare una mezz’oretta prima di servire.


INSALATA DI VALERIANELLA CON MOZZARELLA DI BUFALA CAMPANA, CERFOGLIO E NOCCIOLE (di Gianfranco Vissani)

Ingredienti: 600 gr. di Mozzarella di Bufala Campana, 120 gr. di Nocciole, 300 gr. di Valerianella, 50 gr. di Cerfoglio, olio e sale q.b.

Riducete in polvere le nocciole con un mortaio. Tagliate la Mozzarella di Bufala Campana a dadini, rotolateli nella polvere di nocciole e grigliateli in forno per 2 minuti circa a 160 °C. Lavate e asciugate bene la valerianella senza rompere i ciuffi e mescolatela al cerfoglio. Adagiatela nel piatto e appoggiatevi sopra i dadini di Mozzarella di Bufala Campana gratinati. Condite con olio e sale e servite.


INSALATA DI ORECCHIO DI VITELLO CON MACEDONIA DI POMODORO E MOZZARELLA DI BUFALA CAMPANA (di Gianfranco Vissani)

Ingredienti: Orecchio di vitello 350 gr., Mozzarella di Bufala Campana 200 gr., carota 40 gr., cipolla 60 gr., sedano 50 gr., asparagi bianchi 12, basilico greco 10 gr., misticanza 70 gr., bottarga di tonno 15 gr., pomodori San Marzano100 gr., Parmigiano 200gr, oio, sale q.b.

Lessate l'orecchio di vitello in acqua con carota, cipolla e sedano, se necessario riducetene lo spessore e tagliatelo a julienne finissima. Adagiate gli asparagi bianchi sbollentati in acqua salata al centro del piatto e ricopriteli con la julienne di orecchio mescolata a basilico greco e misticanza. Cospargete con bottarga di tonno grattugiata e condite con olio e sale. Accompagnate con una macedonia di pomodoro e mozzarella di bufala tagliati a dadini servita in una cialda di parmigiano ottenuta facendo sciogliere in una padella di ferro il parmigiano grattugiato e modellando a forma di cestino.


MOZZARELLA DI BUFALA CAMPANA CON POMPELMO E BRESAOLA

Ingredienti per 4 persone: bresaola 100 gr. tagliata finemente, Mozzarella di Bufala Campana 300 gr, limone uno, pompelmo uno, olio d’oliva extravergine 2 cucchiai, sale e pepe q.b.

Stendete la bresaola su un piatto da portata ovale. Stemperate in una ciotolina il succo di mezzo limone con un cucchiaio d’olio, unite sale e pepe macinato al momento e con questa salsina condite le fette di bresaola. Coprite il piatto con della pellicola trasparente e mettete in frigorifero a raffreddare. Poco prima di servire, tagliate la mozzarella a fette larghe ma sottili tendendole da parte. Sbucciate il pompelmo, privatelo della pellicina bianca e tagliatelo a fette sottili. Togliete la bresaola dal frigorifero, sovrapponetevi le fette di Mozzarella di Bufala Campana e di pompelmo alternandole su due file. Salate, pepate e condite con il succo di limone e l’olio rimasti, guarnendo, se volete, con qualche fogliolina di prezzemolo fresco.


INSALATA CAPRESE

Ingredienti per 8 persone: kg 1 di Mozzarella di Bufala Campana, kg 1 di pomodori tondi grandi, basilico, origano , olio quanto basta, sale, pepe.

Tagliate la Mozzarella di Bufala a fette e fate la stessa cosa con i pomodori. Prendete un piatto da portata fondo dove alternerete una fetta di Mozzarella di Bufala Campana, una foglia di basilico ed una fetta di pomodoro. Condite il tutto con foglioline di basilico, sale, pepe, origano e olio extravergine di oliva.


SPIEDINI CON MOZZARELLA DI BUFALA CAMPANA

Ingredienti per 8 persone: 16 bocconcini di Mozzarella di Bufala Campana, 200 gr. di prosciutto crudo tagliato a cubetti, 16 pomodorini rossi, 1 melone, basilico.

Preparate degli spiedini infilando su ognuno un cubetto di prosciutto, uno di melone, un pomodorino, una foglia di basilico e una mozzarellina di bufala campana. Usate una metà di melone per fare la base degli stuzzichini. In un grande piatto da portata mettete delle belle foglie di lattuga, al centro sistemate la metà di melone capovolto su cui infilare tutti gli spiedini. Potete alternare gli ingredienti per avere un maggior effetto di colore.


BRUSCHETTA CON MOZZARELLA DI BUFALA CAMPANA

Ingredienti per 8 persone: 8 fette di pane, 500 gr. di gr. di Mozzarella di Bufala Campana, aglio, origano, basilico, olive bianche, olio extravergine d'oliva, sale.

Su tutte le fette di pane strofinate un po' d'aglio e poi mettetele a grigliare. Intanto tagliate a quadratini la Mozzarella di Bufala Campana e i pomodorini e condite con basilico, origano, sale e olio. Quando il pane sarà pronto, ponete le fette su un piatto da portata e su ognuna mettete un po' del condimento preparato, guarnite il piatto con le olive verdi.


CROSTINI CON MOZZARELLA DI BUFALA CAMPANA

Ingredienti per 8 persone: 750 gr. di Mozzarella di Bufala Campana, gr. 500 di pane raffermo o pain carrè, gr.100 di burro, gr. 200 di pomodori freschi o pelati, basilico q.b.

In una teglia piuttosto grande, preventivamente unta di burro, mettete l'uno accanto all'altro i crostini ricavati dal pane raffermo o dal pain carrè, cercando di fare in modo che non restino dei vuoti. Su questi adagiate le fettine di Mozzarella di Bufala Campana, qualche pomodoro spezzato o pelato, qualche fogliolina di basilico, qualche fiocchetto di burro e un po’ di Parmigiano grattuggiato. Infornate in forno caldo per una ventina di minuti.


CREMA TIEPIDA DI POMODORO RAMATO, OLIVE E MOZZARELLA DI BUFALA CAMPANA

Ingredienti per 4 persone: 8 pomodori ramati, sale e pepe q.b., 1 cucchiaino olio extravergine di oliva, 1 spicchio aglio, 300 gr. di Mozzarella di Bufala Campana, 4 olive nere taggiasche, 8 foglie di basilico, olio per friggere, olio extravergine di oliva.

Scottare per pochi secondi in acqua bollente 8 pomodori ramati, precedentemente lavati e privati del gambo. Con un coltellino inciderli e privarli della buccia. Tagliarli ognuno in otto spicchi e privarli dei semi. Mettere tutti gli spicchi di pomodoro nel mixer e frullarli per 35 secondi. Passare il composto ad un setaccio finissimo schiacciando bene la polpa. Porre in un padellino, la crema di pomodoro sul fuoco dolce. Far solo intiepidire a 35 gradi, aggiustare di sale e pepe, aggiungere un cucchiaino da caffè di olio extravergine dove è rimasto per un giorno a macerare uno spicchio d'aglio tagliato a pezzetti. Dividere la crema di pomodoro in quattro fondine bianche. Aggiungere in ognuna 6 dadini di mozzarella di bufala e quattro bucce di olive nere taggiasche (le liguri). Al centro due foglie di basilico fritto alcuni secondi in olio caldissimo e asciugate su carta assorbente. Completare i piatti con una spirale di olio extravergine crudo. Servire immediatamente.


Lingue di merluzzo e zuppa ‘e zuffritto


A Parigi si sospira, a Napoli si mangia!


"...A Parigi si sospira, a Napoli si inghiotte; a Parigi si deglutisce, a Napoli si mangia", così Sthendal descrive i piatti partenopei dell'800.
Una cucina galante e casereccia, ma anche una cucina che sa divinamente mescolare i gusti raffinati a quelli più marcati della cucina napoletana e di quella campana in genere. E così… tra un sospiro parigino ed un gustoso piatto napoletano, il nostro palato sposa il felice incontro con le “lingue di merluzzo”, un piatto raffinato e ricercato per la sua rarità, e la non meno nobile, tradizionale e partenopea, “zuppa ‘e zuffritto”.
Nel XIX secolo, la Zuppa ‘e zuffritto era considerata un piatto da veri uomini: beato colui il quale aveva la forza, nonché lo stomaco, e forti papille gustative per mangiarsela.
E' uno di quei piatti che ha una sua storia da raccontare e appartiene alla tradizione storico/gastronomica campana.
Dalle nostre parti è facile trovare ‘o zuffritto nelle macellerie. E' una prelibatezza che và mangiata accompagnata da un tostissimo vino rosso, essendo molto piccante.
Per averlo perfetto e gustarlo pienamente, bisognerebbe scovare un’osteria dei quartieri popolari, nei dintorni della città, o certe trattorie dei vicoli del centro che sanno servire la specialità.
Per nostra fortuna, noi siamo esonerati da questa faticosa ricerca, poiché una delle più appetitose zuppe ‘e zuffritto mai gustate l’abbiamo assaggiata a “Le Quattro Fontane”, caratteristico locale situato nella parte antica di Casagiove, paese alle porte di Caserta, in un connubio di profumo e gusto.
Le origini di questo piatto sono tra le più antiche. La storia e alcune curiosità le troviamo ne "La Cucina Napoletana" di Jeanne Carola Francesconi: "Quando non avevamo il pomodoro e nemmeno i peperoni, il zuffritto, o saporiglio, o tosciano, noto con questi tre nomi, si mangiava ovviamente privo del suo fiammante colore e, solo parzialmente, colorato e ravvivato dallo zafferano”.
Ulisse Prota Giurleo riporta le “voci” che davano i garzoni sulle soglie delle taverne (fra le quali quella celebratissima del Cerriglio, la taverna napoletana per eccellenza dell’epoca), desunte da una commedia di Pietro Signorelli: "Currite cannaruti, ca mo' proprio l'accuppatura de lo tosciano. E' cuotto, e tengo pure na veppetella d'amarena che co l'addore te rezorzeta no muorto; currite 'mbreacune, a sei trise (tornesi) la carrafa e tengo
la mangiaguerra pure a doje trise."
In più, l'inesauribile Giurleo, ha scovato sul retro di uno strumento notarile del 1743, una ricetta manoscritta del tosciano (vecchia definizione del zuffritto), munita perfino - dice lui - di Regio Placet. Eccola, copiata pari pari così come l'aveva annotata il notaio settecentesco:
"Prendi un polmone di porco, taglialo a pezzetti e mettilo in una cassarola a soffriggere con inzogna (strutto, ndr) abbondante, e se ti piace un senso d'aglio e qualche fronna (foglia, ndr) di lauro. Quando s'è ben soffritto aggiungi un paio di cucchiaiate di conserva di peparoli (peperoni, ndr) rossi dolci, per darli un bel colore, e cerasielli (peperoncini piccanti a forma di ciliegie, ndr) in polvere quanti ne vuoi, per darli il forte, aggiungendovi una competente quantità d'acqua col sale o di brodo, e continua a far cuocere tutto a fuoco lento. Se dapprincipio non ci hai posto le fronne di lauro e vuoi darli sapore, mettici a questo punto un mazzetto di erbe aromatiche, cioè Rosmarina, salvia, lauro, majorana e peperna. Quando vuoi servirlo, togli dette erbe e spargilo fumante nei piatti, sopra croste di pane (Placet Etiam Majestati)."
E azzarda addirittura l'ipotesi, il Prota Giurleo, che la ricetta abbia potuto esser stata dettata da "Annella", una famosa tavernara napoletana di Porta Capuana, il cui locale era frequentato dai legali del vicino tribunale.


Ricetta dd’a zuppa ‘e zuffritte

Ingredienti per 6 persone:

1,800 kg di frattaglie di maiale (polmone, trachea, cuore e milza) - 200 g di concentrato di pomodoro più 30 g di conserva oppure 300 g di solo concentrato - 1 foglia di alloro - 1 rametto di rosmarino - 1 pezzetto di peperoncino forte - 1 cucchiaio di olio d'oliva - 100 g di strutto - 1/2 bicchiere di vino rosso secco - sale (solo a fine cottura)

Esecuzione:

Lavate le frattaglie, tagliatele a piccoli pezzi e tenetele per un paio d’ore in acqua fresca, che cambierete ogni tanto, fino a che appaia priva di sangue.
Sgocciolate e asciugate accuratamente tutti pezzetti di carne.
In una pentola capace e larga di fondo, fate riscaldare lo strutto e l’olio e poi unitevi il soffritto che farete rosolare a fuoco vivace.
Quando non vi sarà più traccia di liquido e la carne sarà leggermente colorita, aggiungete il vino, che lascerete evaporare, e poi la conserva (diluita in una tazzina d’acqua calda), il concentrato, il lauro, il rosmarino e il peperoncino.
Abbassate il fuoco, lasciate cuocere per 4 o 5 minuti e, infine, versatevi qualche bicchiere d’acqua.
La cottura deve durare un paio d’ore.
Il sugo non dovrà essere troppo denso: quindi, aggiungete, se necessario, altra acqua.
Alla fine verificate il sale.

Nella foto: Venditore di Zuffritto
Foto da:
http://medivia.sele.it/Fototeca.asp?Pagina=4&ImmaginiPerPagina=15&Contenuto=Antichita&Lingua=SPAGNOLO
I contenuti da:
http://guide.supereva.it/mangiar_bene/interventi/2000/07/8000.shtml
e: http://guide.supereva.it/mangiar_bene/interventi/2000/07/8003.shtml


venerdì 14 agosto 2009

Anche un vino può essere una scoperta archeologica

L'Italia dei vini non smette mai di stupirci!
Il settore è costantemente in fermento, ma chi avrebbe mai pensato che enologia e archeologia potessero avere qualcosa in comune?

Certo gli antichi romani ben conoscevano le tecniche di vinificazione e, oltre ad essere delle buone forchette, sicuramente erano anche dei "buoni bicchieri".
In fondo, in vino veritas è una loro affermazione, la cui "veritas" è certamente incontestabile. Ma da qui a poter pensare che un vitigno potesse avere qualcosa a che fare con l'archeologia ce ne corre. Eppure…
Ma cominciamo dall'inizio.
C'era una volta… in un quadrilatero in provincia di Caserta che racchiude i Comuni di Castel di Sasso, Formicola, Liberi e Pontelatone, una fiorente produzione di vini di grande prestigio.
Di questa vocazione vinicola della zona, ne parla persino Plinio nel capitolo XV del suo "Nathuralis Historia", quando cita l'alta qualità del vino prodotto a Trebula Baliniensis, attuale Treglia di Pontelatone.
Tra i vini di pregio prodotti nell'area all'epoca di Nerone, Plinio inseriva il Caulinum ed il Trebellicum, nettari per il palato, oggi spariti.
Del resto, pochi sanno che nella sola Campania sono presenti vitigni autoctoni di alta qualità in quantità superiore a quelli dell'intera Francia.
Ritornando alla nostra storia, è indispensabile ricordare che nel 1852 ci fu per le viti una grave epidemia di oidio (malattia crittogamica) che portò alla totale estinzione di numerosi vitigni pregiati presenti in Campania. Ma, forse proprio perché i romani amavano il vino al punto tale da lasciare impregnate di questo amore atavico anche le loro costruzioni, un ceppo centenario di una particolare vite riuscì a sopravvivere all'interno di un vecchio rudere di origine romana nel Comune di Pontelatone.
Da questo ceppo, i coltivatori dei quattro Comuni dell'area, riuscirono a ricavarne i vigneti oggi presenti nella zona, battezzando questi vitigni con il nome di Casavecchia, per ricordare la provenienza del loro ceppo originario, l'antica costruzione romana ("l'uva 'e chella casa vecchia").
Fino a poco tempo fa il vitigno Casavecchia non si poteva utilizzare per la produzione del vino in quanto non inserito nel catalogo nazionale della varietà tenuto dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali. Grazie, però, ad una ricerca scientifica iniziata nel 1995, finanziata dai Comuni di Pontelatone, Castel di Sasso, Liberi e Formicola, il Casavecchia è riuscito ad ottenere l'iscrizione nel catalogo con un decreto pubblicato nel supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale del 17 luglio 2002.
Il Casavecchia è un vino squisito, - per ora I.G.T. (Indicazione Geografica Tipica) in attesa del riconoscimento DOC, - dal bouquet ampio, floreale, fruttato, con sentori di frutti di bosco e di prugna secca, che sposa molto bene i sapori delle carni rosse o quelli della cacciagione e dei formaggi stagionati.
Và sottolineato che il vitigno Casavecchia è presente solo nei Comuni di Pontelatone, Liberi, Castel di Sasso e Formicola e non è coltivabile altrove, poiché, trattandosi di un vitigno rigido, coltivandolo fuori da quest'area, perderebbe le sue caratteristiche peculiari.
Ciò non avviene per i cosiddetti vitigni internazionali, tipo i Cabernet, i Merlot, che attecchiscono ovunque e consentono delle ottime produzioni vinicole anche in terre lontanissime dall'Italia, come il Cile, il Venezuela.
Proprio questa internazionalità dei gusti dei vini più conosciuti sta portando il consumatore a ricercare prodotti nuovi, con gusti meno scontati e meno appiattiti. Da qui, il particolare successo dei vini campani, sempre più richiesti dai buongustai di tutto il mondo proprio per la loro diversificazione del gusto e le loro peculiarità ispirate alle antiche tradizioni produttive.
La produzione del Casavecchia non è da grandi numeri, per cui il consumo è riservato alla sola zona di origine: i vigneti producono in totale appena 2.000 quintali di uva da vino.
Da qui il grande pregio di questo vino delle Terre del Volturno.
Se volete assaggiare questa delizia, dovrete per forza recarvi nella zona del casertano.
Ma ne vale la pena! Prosit.