sabato 1 ottobre 2011

La Lasagna Napoletana secondo Nino Caliendo

 

Ingredienti

500 gr. di lasagne ricce di grano duro (da lessare)

500 gr. di ricotta

300 gr. di cervellatine (salsicce sottili)

500 gr. di manzo o maiale a pezzi grossi

300 gr. carne tritata mista manzo/maiale

200 ml. di vino bianco secco

100 ml. di olio extra vergine di oliva

100 gr. di sugna (strutto)

100 gr. di pecorino romano grattugiato

500 gr. di concentrato di pomodoro

300 gr. di provola di bufala o fior di latte

4 uova sode tagliate a rondelle

1 uovo fresco

1 bottiglia di passata di pomodoro

pane raffermo

basilico

cipolle

sale e pepe

 

Preparazione

Preparare il ragù rosolando in olio o sugna i pezzi di carne e la cipolla finemente tritata. Quando è scura, bagnare con il vino bianco secco e far evaporare. Aggiungere il concentrato di pomodoro e la passata, allungare con acqua, mettere il sale e il basilico e cuocere a fuoco bassissimo per almeno sei ore.
Utilizzare la carne tritata per preparare delle piccolissime polpette da friggere, amalgamandola con il pane raffermo ben spremuto, dopo averlo tenuto a bagno in acqua tiepida, e con l’uovo fresco sbattuto.
Rosolare le cervellatine in un po’ di sugna e tagliarle a rondelle.
Stemperare la ricotta e diluirla con un po’ di sugo, incorporandolo bene.
In acqua salata, cuocere le lasagne e raffreddarle sul piano di lavoro, scolandole mentre sono ancora al dente e bagnandole in acqua fredda per fermarne la cottura.
In una pirofila, meglio se rettangolare, versare un poco di ragù e disporre le lasagne una accanto all'altra senza sovrapporle.
Spalmare con qualche cucchiaiata del composto di ricotta, spargere una parte di polpettine, cervellatine, dadini di fior di latte, rondelle di uovo sodo, pecorino e un pizzico di pepe, condire con qualche mestolo di ragù e fare un altro strato di lasagne in senso inverso, ripetendo l'operazione di imbottitura, fino ad esaurire gli ingredienti.
Terminare con uno strato di pasta ben coperta di ragù, pecorino e pepe.
Infornare a calore medio (180°) per 30-40 minuti e far riposare un poco in forno prima di servire.

Tempo di preparazione: 120 minuti le lasagne - 6 ore il ragù.

Per secondo servire la carne del ragù con un contorno d'insalata verde..

Da servire con un buon vino rosso di Gragnano.

sabato 6 agosto 2011

I sapori di Napoli


Sfogliatella riccia
 Nella Piazza S. Domenico Maggiore, è d’obbligo l’incontro con la dolcezza dell’anima napoletana, che si assapora nelle raffinate prelibatezze della pasticceria Scaturchio.
La ditta nasce in via Toledo, alla fine dell’800. Agli inizi degli anni '20 Giovanni Scaturchio si trasferisce in via S. Domenico, nella sede attuale. Nel cuore del Centro Antico di Napoli e della città degli studi, ristabilisce così un punto di riferimento essenziale per un momento di pausa e di piacevole relax.   
Babà napoletano
Lo stress di lunghe ore di lavoro, la stanchezza di un percorso turistico intenso, la tensione di una fase scolastica particolarmente impegnativa si sciolgono davanti ad un buon caffè e si perdono in un totale senso di piacere e di oblio procurato dalla degustazione di qualcuna delle tante squisitezze proposte dal locale: il Babà, la cui invenzione è attribuita a Stanislao Leszczynski (1677-1766), re di Polonia, che avrebbe per primo associato il rhum al kugelops, un dolce di origine austriaca a metà tra la brioche ed il panettone, ed avrebbe ideato anche il nome, pensando alle meraviglie di Alì Babà e delle Mille ed una notte; la Pastiera, che pare discenda da un antico dolce ateniese di grano e ricotta e, con il suo profumo delicato di fiori, cannella e vaniglia, identifica la Primavera e l’atmosfera lieta della Pasqua; il Ministeriale, un delizioso medaglione di cioccolato fondente ripieno di una crema al liquore dalla ricetta segreta, inventato, nei primi anni dell’Unità d’Italia, dal capostipite della dinastia; la Brioche del Danubio, lo Zaffiro all’Arancia, la Torta Primavera alle fragoline di bosco ed infine la Sfogliatella napoletana.
Struffoli
Quest’ultimo dolce ha una storia singolare: collegato per la sua forma alla femminilità ed al culto pagano della Grande Madre, trova il suo caratteristico luogo di produzione nei Monasteri femminili.
Pastiera napoletana
Nel ‘700, un pasticciere napoletano trasferisce in ambiente laico la specialità, che resta, tuttavia, a lungo privilegio di palati aristocratici e raffinati. Nell’800, infine, il Cavaliere Pintauro porta la sfogliata al popolo, riscotendo un grosso successo commerciale ed introduce a sua volta una variante, la “frolla”, che sostituisce alla crosta “riccia” e croccante della versione tradizionale un guscio di pasta frolla. Lo stesso Pintauro divulga la moda delle Zeppole, in origine frittelle più modeste consumate durante le feste ebraiche, inventando un nuovo metodo di lievitazione.
Altre specialità dolciarie, specificamente natalizie, sono gli Struffoli, di origine greca (il nome deriva da strongulos, cioè pasta di forma sferica), prodotti magistralmente in origine dalle Monache della Croce di Lucca; i Mustacciuoli (dal latino musacea, mostri), di cui erano artefici le Monache del Convento di S. Sebastiano; i Susamielli, di origine greca, impastati con pasta di mandorle, miele e sesamo, da cui il nome; i Roccocò, ciambelle robuste e profumate, forse da Rocaille, per la forma barocca e rotondeggiante.
Nel genere rustico, per i robusti appetiti della scampagnata di Pasquetta c’è il Casatiello, abbondantemente ripieno di salumi, formaggi ed uova sode. Ed infine il Tarallo, con sugna, pepe e mandorle, da gustare sulla Collina di Posillipo.
Tendenzialmente povera, la cucina napoletana recupera la festosità e la ricchezza dai colori, specialmente il rosso del pomodoro; dalla fragranza degli aromi, il basilico, l’origano, l’alloro; dal vigore del peperoncino piccante; dalla genuinità dei condimenti; dalla manipolazione fantasiosa delle verdure, in versioni dolci (le Scarole con ulive, capperi, pinoli e passi) o amare (i “Friarielli”); fino alla elaborazione complessa della “Minestra Maritata”, in cui ben sei varietà vegetali si fondono con carni, salumi, formaggi assortiti in un tripudio trionfante di forti sapori.
Percorrere le vie del Centro Antico significa anche scoprire la genialità di un popolo che, pur disponendo di poco, sa inventarsi, a tavola come nella vita, la gioia e l’abbondanza.


Sul Decumano inferiore, nei pressi di Piazza del Gesù è presente uno dei nomi più antichi e famosi del settore gastronomico napoletano, accreditato anche in ambito internazionale: quello di Lombardi.
La “dinastia” prende il via nella seconda metà dell’800: Enrico Lombardi, il capostitipe, si imbarca sulle navi che portano in America gli emigranti ed utilizza un forno smontato in tre pezzi, o’ ‘fucone, fatto costruire appositamente per friggere i “calzoni” con ricotta e mozzarella. Col tempo, il pizzaiolo viaggiante passa al forno ed alla caratteristica pizza napoletana. Ancora oggi, alcuni grandi transatlantici conservano la tradizione di offrire ai turisti in crociera, a mezzanotte, la pizza.
Ritornato a Napoli, Enrico Lombardi svolge la sua attività prima alla Pietrasanta, poi a Porta Capuana ed infine a Spaccanapoli, accanto al Campanile di S. Chiara.
In seguito ai lavori di restauro della Chiesa di Santa Chiara dopo i danni dell'ultima Guerra Mondiale, il locale originario scompare, ma Alfonso e Luigi, la nuova generazione dei Lombardi, si trasferiscono poco lontano, in Via Benedetto Croce, di fronte a Palazzo Filomarino, che ospitò il grande filosofo napoletano.